“Signori della corte, signori giurati.
Son io a prender la parola.
E a farne supplica: voglio esser condannata!
Non a una pena. A una tortura.
L’invento io, sola,
io sola so
quale sarebbe la più dura.
Vi pare sia una scusa? Forse.
A me pare una preghiera:
tenetemi un’ora intera
ad ascoltare mia madre.
Mostratemi il broncio di mia sorella,
e le ciglia aggrottate di mio padre.
Lasciate che mi innervosiscano le amiche,
e che io pianga nel mio letto,
dove qualcuno almeno può sentirmi,
e sapermi diversa.
Toglietemi la penna per sfogarsi
e infine
toglietemi anche la parola,
perché là fuori, coi miei carcerieri,
non avrò più
bisogno di parlare."
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