Mio padre non ha mai avuto una grande passione per la musica. Mi correggo: gli piace cantare, O surdato innammurato e Munastero 'è Santa Chiara mentre guida, ma di dischi in casa mia ne sono sempre circolati pochini. Così pochi che me li ricordo praticamente uno per uno.
C'era un doppio dei Beatles, James Brown, un cd di Eric Clapton (uno anche con BB King), i Credence Clearwater Revival, souvenir di una missione negli Stati Uniti. Un totale esterofilo, mio padre, più che un napoletano, tant'è che la scarna collezione non annoverava nemmeno un cd di Pino Daniele che io ricordi, vergogna. Però per sbaglio c'era Erotica di Madonna. L'avevamo comprato da regalare a mio cugino, e poi ci avevamo ripensato, forse non era troppo adatto ad un cresimando. Così la Ciccone più impudica era rimasta lì, tra il blues e il country, come una scarpa spaiata.
Nel novero della musica eletta, una cassettina dei Pink Floyd, The Wall. Mi piacevano i disegni sul libretto, con quelle figure colorate e inquietanti che sbucavano dai mattoncini bianchi contornati di nero. Ero troppo piccola perché altro che questo mi rimanesse in testa, ma lungo quel muro ho camminato senza saperlo per tutta la mia vita, visto che il disco è nato e ha varcato la porta d'ingresso solo pochi mesi prima di me. E quando nell'89 ero in Germania, a vedere die Mauer cadere in televisione, perché a Berlino non ci potevamo andare, che mio padre lavorava per l'altro blocco, The Wall c'era ancora, come sottofondo musicale e concettuale.
Si è innalzato di nuovo l'altra sera per me, 2011, al forum di Assago, che si chiama Mediolanum e c'ha su un biscione vecchia Fininvest mica da ridere, ma non ditelo a Waters, che oggi accosta il simbolo dei martelli incrociati alla M di MacDonald's e alla stella Mercedes, e li fa scendere tutti a pioggia dai bombardieri, nella sua spettacolare scenografia. Spettacolare? È troppo riduttivo. 70 euro spesi bene, e gliene avrei dati anche di più. A bocca aperta, tutto il tempo. Quadrifonia perfetta. Fuochi d'artificio, e in un palazzetto. Voce limpida e potente come e più di allora. Musicisti eccelsi. E una perfetta commistione tra rievocazione del film, citazioni visive dei live dei tempi, grafica moderna con sconfinamenti nel 3d, effetti sonori paura. Non un revival, uno di quei concerti tristi di vecchie glorie con bastone e cappello a raccattare le ultime elemosine. Il passato rivisto, il vero The Wall 30 anni dopo. Per fare la conta dei nuovi -ismi, osservare le mutazioni genetiche dei nostri spauracchi, svuotarci le tasche e prendere atto di tutto – e tutti – quelli che ci siamo persi per strada. Il nemico si è evoluto, la civilizzazione avanza, la big Mother, la paura, resta, in nuove forme, più frantumate, volatili, e oggi We don't need no education We don't need no thought control vuol dire qualcosa di diverso, forse ancora di più, di quello che voleva dire nel '79, anzi la somma di quello, più quello che abbiamo imparato in questi anni, camminando lungo il muro, di cui purtroppo ancora non vediamo la fine.
The Wall ci ricorda i nostri nemici, le nostre divisioni. È esso stesso un nemico, che continua a riformarsi, in varie parti del mondo, e non sempre sotto spoglie materiali.
Comunque sia, fortuna che sorgesse quel muro, in mezzo alle mie mura; fortuna che c'era quel disco, nel soggiorno di casa mia. Pensa ci fosse stato Nino D'Angelo. Dai, sarebbe stato molto peggio, papà.
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