Sottotitolo. Attenzione: di seguito viene rivelata, del tutto o in parte, la trama dell'opera.
Non mi capita spesso di leggere uno scrittore più triste di me.
E quando ho letto “La solitudine dei numeri primi” ho pensato proprio questo. Caspita, nemmeno io avrei saputo scrivere un libro così addolorato.
Ci voleva proprio un fisico bestiale.
Nel senso che ci voleva proprio un credo scientifico e materialistico feroce per vederla come Paolo Giordano, questo ragazzo dell’82 laureato in fisica teorica e impiegato all’Università con una borsa di dottorato, che quest’anno se n’è uscito con le suddette 312 pagine intrise di fatalismo cosmico.
I protagonisti Mattia e Alice sono due ai quali la vita ha falciato le gambe in partenza, in un caso in senso metaforico, nell’altro in senso letterale.
Una disgrazia, in parte imputabile a loro incuria, ha segnato il loro futuro al punto da tradursi in ferite, ma ferite vere, tagli che sanguinano, piaghe che dolgono.
Stimmate che per una vita intera ciascuno di loro (ciascuno di noi?) si porterà appresso. Senza via di scampo.
È la fisica, baby. Causa chiama conseguenza.
Mattia da piccolo ha causato la scomparsa della gemellina. Quindi: diventa autolesionista e asociale, si attacca morbosamente alla matematica e dopo 30 anni ancora non bada ad altro che ai numeri.
Alice a 7 anni ha avuto un incidente di sci ed ha una gamba offesa. Quindi: diventa anoressica e concentrata su se stessa. Quindi non vuole un figlio, quindi rifiuta il sesso, quindi non riuscirà mai ad avere una relazione stabile. O a trovare la sua anima gemella.
Perché? Perché non c’è, perché loro due sono numeri primi, condannati a riconoscersi come speciali ma destinati a non incontrarsi mai.
Vale per tutti? Questo non lo so, dal libro non l’ho capito. Se i due protagonisti stiano a simbolo di tutta l’umanità o se siano da considerare mosche rare.
Probabilmente sì, sono davvero solo due eroi tragici. E noialtri, che siamo numeri normali, non dovremmo poi passarcela così male. Spero.
Qualunque sia l’interpretazione, l’universo dipinto da Giordano pare perfino a me, che un po’ leopardiana lo sarò sempre, troppo funesto, troppo irreversibile, troppo tragedia greca.
Possibile che Mattia e Alice, possibile che ognuno di noi non possa fare niente per cancellare queste benedette stimmate e andare avanti? Oppure tornare indietro e ricominciare, tracciare un’altra strada, costruirsi un destino diverso, meno imposto, meno consequenziale?
Io non sono riuscita a rassegnarmi. Quando sono arrivata a pagina 312, non potevo credere che non ci fosse stato almeno un guizzo, un solco abbozzato, un misero tentativo, purché convinto, di invertire il fato. Così, tanto per campà. Invece niente.
Siamo solo dei numeri, a quanto pare.
E a questo punto meglio nascere numeri normali. Meglio nascere, che so, come l’8.
Che perlomeno, diciamolo chiaro, c’ha le palle.
P.S.: Il libro, in ogni modo, mi è piaciuto. Bravo Paolo.
1 commento:
anche a me è piaciuto. i suoi personaggi mi sembrano veri, malgrado tale fatalismo esasperato. chissà se e quanto il personaggio di mattia è autobiografico.
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