...non posso far altro che essere entusiasta. La Fiera di Bologna è stupenda e il mondo dell'editoria per ragazzi stimolante, vasto e mooolto ricco.
Quasi quasi mi ci ficco.
I miei stand preferiti? Quelli francesi.
Lunedì sono stata alla mia scuola elementare a Cascina (Pisa), in qualità di autrice per bambini. Neanche nelle mie più rosee previsioni avrei potuto immaginare un successo simile: i bimbi erano interessati, attenti e bellissimissimi!
E adesso si torna al lavoro. Dena smette i panni della scrittrice e indossa quelli della pubblicitaria. Anzi, quasi quasi i panni della pubblicitaria me li metto sopra. Così al momento opportuno, trac. Come Superman, mi strappo i vestiti di dosso. E mostro a tutti la mia vera natura.
Pensieri, parole, opere e omissioni di una scrittrice in erba,
una copywriter freelance in tempo di crisi, una spiantata trapiantata a Lecco.
La Fiera della fiera.
Martedì 24 sarò a Bologna per la Fiera del Libro per Ragazzi. Ai visitatori della Book Fair raccomando di visitare lo stand della mia casa editrice, Campanila: padiglione 26, stand A/36. Ai danarosi editori stranieri, raccomando di venirmi a cercare.
Io tattoo e tu?
Tatuaggi. Trovo che siano un argomento di conversazione spinosissimo. Quelli che non li hanno ne parlano sempre con una fastidiosa intransigenza.
Ah no, io non lo farei mai.
È così… irreversibile.
E se poi cambi idea?
Tanto poi da vecchio te ne penti.
Ma tu li hai mai visti in spiaggia quei vecchi coi tatuaggi? Che schifo!
Come se l’assenza di marchi rendesse i vecchi di bell’aspetto, ai loro occhi.
Figuriamoci. A certe persone fa schifo tutto. Eccetto loro stessi. Anzi, loro stessi compresi.
Quelli che hanno scelto di tatuarsi DI NORMA sono altrettanto beceri.
Tribale o un disegno, sulla caviglia o sulla spalla, una rosa o un’ideogramma giapponese: sembra che farsi un tatuaggio sia alla stregua di decidere cosa vedere in tivù o cosa preparare per cena. Alla stregua di un’idiozia.
Dei tatuaggi, dico io, non bisognerebbe parlare.
Anzitutto, per potersi godere a pieno gli sproloqui dei tuoi interlocutori, evitando che le loro opinioni siano viziate dalle tue, o dalla tua condotta.
Scopriremmo una punta d’invidia repressa negli oppositori, che sotto sotto rimpiangono di non averne il coraggio. E un sotterraneo pentimento in quelli che parlano parlano di quella farfallina sul polso che non ha senso per nessuno, e nemmanco per loro. Che non ha un senso neanche estetico! e che da vecchi, in spiaggia, si vergogneranno di esibire.
Ecco, se si evitasse di parlarne sarebbe meglio. I tatuaggi tornerebbero ad essere un fatto privato, quale sono, e scomparirebbe quella componente di esibizionismo che si ravvisa spesso – CON LE DEBITE ECCEZIONI – nel farli, nel non farli, ma soprattutto nel parlarne.
Dunque scusate se ho tirato fuori l’argomento. Prometto.
Non lo faccio più.
Ah no, io non lo farei mai.
È così… irreversibile.
E se poi cambi idea?
Tanto poi da vecchio te ne penti.
Ma tu li hai mai visti in spiaggia quei vecchi coi tatuaggi? Che schifo!
Come se l’assenza di marchi rendesse i vecchi di bell’aspetto, ai loro occhi.
Figuriamoci. A certe persone fa schifo tutto. Eccetto loro stessi. Anzi, loro stessi compresi.
Quelli che hanno scelto di tatuarsi DI NORMA sono altrettanto beceri.
Tribale o un disegno, sulla caviglia o sulla spalla, una rosa o un’ideogramma giapponese: sembra che farsi un tatuaggio sia alla stregua di decidere cosa vedere in tivù o cosa preparare per cena. Alla stregua di un’idiozia.
Dei tatuaggi, dico io, non bisognerebbe parlare.
Anzitutto, per potersi godere a pieno gli sproloqui dei tuoi interlocutori, evitando che le loro opinioni siano viziate dalle tue, o dalla tua condotta.
Scopriremmo una punta d’invidia repressa negli oppositori, che sotto sotto rimpiangono di non averne il coraggio. E un sotterraneo pentimento in quelli che parlano parlano di quella farfallina sul polso che non ha senso per nessuno, e nemmanco per loro. Che non ha un senso neanche estetico! e che da vecchi, in spiaggia, si vergogneranno di esibire.
Ecco, se si evitasse di parlarne sarebbe meglio. I tatuaggi tornerebbero ad essere un fatto privato, quale sono, e scomparirebbe quella componente di esibizionismo che si ravvisa spesso – CON LE DEBITE ECCEZIONI – nel farli, nel non farli, ma soprattutto nel parlarne.
Dunque scusate se ho tirato fuori l’argomento. Prometto.
Non lo faccio più.
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